Cinghiali urbani
Ciò che penso sui cinghiali triestini non pretende di essere al di sopra delle parti. Anzi, sta in tutto e per tutto da una parte sola: quella della Biologia della Conservazione. Si tratta di una scienza che studia la biodiversità allo scopo di evitare l’estinzione di specie, habitat e ecosistemi. Perciò elabora gestioni basate su principi di scienza, ragione, logica e etica, in modo da far conciliare al meglio uomo e natura (per saperne di più cercare “conservation biology” su Wikipedia). Le risposte che seguono, vorrebbero arrivare a questo.
I cinghiali a Trieste sono naturali?
Il cinghiale (Sus scrofa) è un mammifero ungulato che viveva in gran parte d’Europa, quindi anche attorno a Trieste. Dalla fine del XVIII secolo, con i disboscamenti e la diffusione delle armi da fuoco, la specie venne estinta in tutto il Friuli Venezia Giulia e in gran parte della Slovenia. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’abbandono delle campagne, il benessere e una mutata coscienza venatoria hanno ridato impulso all’incremento della specie. I cinghiali presenti oggi nella Venezia Giulia discendono dai cinghiali sloveni superstiti (incrociati con soggetti immessi da, almeno, Croazia, Ungheria, Boemia e Germania) e da un nucleo di cinghiali appenninici (probabilmente incrociati con maiali domestici) introdotti a fine anni ’80 presso Padriciano. In poche parole, l’uomo ha estinto il cinghiale triestino “patocco” e lo ha sostituito con un cinghiale decisamente “multietnico”. Il ruolo nell’ecosistema non cambierebbe molto. Il problema è che, tra la sparizione e la ricomparsa, è l’ecosistema ad essere cambiato, molto più di quanto siano cambiati i cinghiali. Nella città di Trieste i suini selvatici sono quindi naturali, se pensiamo che nessuno ce li ha fatti entrare a forza; lo sono molto meno se pensiamo che la città è un ambiente totalmente artificiale.
I cinghiali vivono a Trieste perchè non hanno altri posti dove andare?
Il cinghiale vive a Trieste solo perché gli conviene. Certamente è vero che la città, espandendosi, ha tolto spazio al cinghiale, ma lo ha tolto pure a cervi, tassi, ramarri, lucciole e capinere. Perché allora, anche queste specie non invadono le città? Semplice. Perchè non hanno saputo adattarsi alle modificazioni indotte dall’uomo, e così se ne restano in ambienti ancora sufficientemente naturali. Il cinghiale, al contrario ha molti assi nella manica (… o setola?):
1) è onnivoro (ma veramente onnivoro: dalle ghiande ai topolini, dai maggiolini agli spinaci, dai funghi ai pesci);
2) è opportunista (non è particolarmente adattato a nessun ambiente o stile di vita, tuttavia sa approfittare al meglio delle occasioni che gli si presentano e vi si adegua rapidamente, spostandosi anche di decine di km in poche notti);
3) è oculatamente prolifico (con poco cibo, solo le femmine capobranco si riproducono, partorendo tre cuccioli in primavera; con molto da mangiare, ogni femmina può partorire sino a otto cuccioli sia in primavera sia in autunno, col risultato che una popolazione di cinghiale può quasi triplicare da un anno all’altro);
4) è intelligente (esplora, sperimenta, ricorda e le esperienze accumulate sono trasmesse culturalmente ai cuccioli e ai membri del branco; caso raro negli animali, i maschi solitari si accompagnano talvolta a un maschio giovane, a cui fanno scuola di vita);
5) grazie all’uomo ha ora una grande diversità genetica (il che lo rende capace, “pescando” nel proprio DNA, di esprimere individui resistenti ai più vari fattori di rischio).
Perché un animale così dovrebbe rimanere solamente in Carso? Lì ci sono meno cibo, molta competizione e molti cacciatori (soprattutto umani, ma subito oltre confine lupo e lince svolgono il loro ruolo). Di fatto in provincia di Trieste la densità di cinghiali aumenta progressivamente dal cuore del Carso alla periferia urbana; esattamente l’opposto di ciò che accade con la gran parte delle altre specie selvatiche.
I cinghiali a Trieste sono troppi?
Vi sono diversi concetti di “troppo”. Uno è quello prettamente soggettivo: per alcuni il solo sapere che un cinghiale potrebbe aggirarsi per il bosco è già troppo, mentre per altri non è un problema ospitare 20 suini selvatici sulla soglia di casa. Questione di gusti.
Dal punto di vista scientifico invece, “troppo” vuol dire andare oltre la capacità portante di un ecosistema. In altre parole, una specie diventa troppo abbondante quando comincia a mettere a rischio la sopravvivenza di altre specie, alterando l’ecosistema.
La presenza di alcuni cinghiali in un bosco è sicuramente positiva. Essi infatti contribuiscono significativamente all’aerazione e alla fertilizzazione del terreno, alla germinazione di alcuni tipi di semi e alla diffusione delle spore di alcuni funghi (tra cui i tartufi). I suini selvatici sono poi un’importante risorsa per alcuni predatori, soprattutto per il lupo. Attorno a Trieste, però, lupi e linci sono stati sterminati e il loro ritorno non è ancora avvenuto. Volpi e sciacalli riescono a sottrarre qualche cucciolo ogni tanto, ma le scrofe fanno buona guardia. L’unico predatore del cinghiale è quindi l’Homo sapiens.
L’H. sapiens però non si è comportato in modo troppo avveduto, sino ad ora. I cacciatori hanno infatti recentemente provveduto a far aumentare il cinghiale, programmando un numero di abbattimenti inferiore a quanti ne sarebbero stati necessari per contenere la specie e comunque abbattendo, annualmente, un numero di suini inferiore ai pur pochi programmati. Nel contempo, sino a pochi anni fa, le Riserve di caccia alimentavano artificialmente il cinghiale, con quintali di cereali generosamente distribuiti. Questo tipo di gestione venatoria (positivamente applicata in altre zone d’Europa) non ha tenuto conto che cinghiali semi-domestici, senza predatori e con molte aree coltivate su un piccolo territorio, potevano dare dei problemi. Soprattutto la gestione squisitamente venatoria non ha considerato la presenza sul territorio di una città, abitata in gran parte da Homo sapiens urbanizzati e da tempo privi di contatti con la vita selvatica. Molti cittadini, alla comparsa dei cinghiali attorno a Trieste, hanno quindi reagito con un comportamento imprevisto: hanno iniziato a nutrirli!
Nicola Bressi
(continua)
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