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Lo storico e divulgatore Francesco Zardini ai microfoni di Radio Fragola per parlarci della mostra che ha curato per il Civico Museo della Civiltà Istriana Fiumana e Dalmata.

“Follie. Scappare dalla guerra. Rincorrere la guerra”, un’altra iniziativa espositiva che, accogliendo la proposta del Gruppo Ermada – cui si deve la cura della costruzione di questo percorso -, l’I.R.C.I., Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata, va a realizzare ad ideale completamento di quegli “Altri sguardi” di guerra in ricordo dei cento anni passati dalla fine del primo grande, universale conflitto che tanto segno lasciò sulle loro terre.

Viene così a proporsi al pubblico una doppia mostra o due mostre insieme che, proprio perché scelgono motivi guida particolari (“Altri sguardi” e “Follie”, appunto) riescono a risultare inconsuete e particolarmente efficaci.

Da una parte, in “Altri sguardi“, si getta luce su di una serie di situazioni che contraddistinguono il cosiddetto “fronte interno” in una triplice visione caratterizzata dalle testimonianze grafiche coeve e inedite di Lauro Lach Laghi, dagli esiti di quelle pesanti deportazioni che toccarono istriani, triestini, dalmati, fiumani, trentini e, infine, dall’ironia se non dal sarcasmo dello sguardo dissacrante di Carlo Wostry che va ad illustrare il voltafaccia dei sudditi fedeli all’Austria pronti però a sostituirla, nel mutar del vento, con l’Italia.

Dall’altra parte, in “Follie. Scappare dalla guerra. Rincorrere la guerra”, il filo rosso conduttore va a collocarsi in quella situazione, indubbiamente elitaria, del volontarismo giuliano che spinge una fede altissima dal pensiero all’azione salvo poi convivere con gli esiti generali di quella terribile quotidianità coperta dal fango della trincea e di quella tremenda infezione cerebrale che si crea con il boato devastante del bombardamento. In nome di un ideale, una generazione di giovani si gettò a capofitto in questo inferno. E non solo di giovani, come insegna il mito del vecchio garibaldino Lavezzari. Ecco il senso: correre alla guerra. Ma questa stessa generazione, ampliata nel numero a dismisura dalla leva obbligatoria e necessaria, avrebbe avuto la vita distrutta o comunque segnata nel corpo e nella mente senza possibilità di risanamento. Ecco allora un altro senso: fuggire dalla guerra.

Con questa doppia mostra l’I.R.C.I. continua nel suo percorso di recupero, conservazione ed elaborazione di ciò che appartiene alla storia e alla cultura delle nostre terre. Nell’occasione, un particolare ringraziamento è d’obbligo al “Gruppo Ermada Flavio Vidonis” e al suo presidente, Massimo Romita, nonché a tutti i collaboratori di quell’associazione. Senza dimenticare gli insostituibili volontari dell’IRCI, fondamentali per la realizzazione di ogni nostra iniziativa.

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