Ci ha lasciati Pino Rosati, il presidente di Lister – la sartoria sociale dell’ex Opp a Trieste, ed è così che la malattia si è portato via uno degli ultimi preziosi esponenti della rivoluzione basagliana.
Vogliamo omaggiare il suo impegno con un articolo che racconti il suo operato in questi tanti anni.
L’inizio della sartoria
Già negli anni ’80 il padiglione P ospitava i primi laboratori di arti visive, organizzati con spazi per la sperimentare di grafica d’arte, pittura, ceramica e la tessitura.
Nel 2006, invece, nasce il primo vero laboratorio di tessitura, che attua anche un’importante collaborazione con l’Enaip Fvg, infatti la sartoria ospitava i primi corsi di formazione per “addetto ai lavori di sartoria”, anche grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale.
2009 Nasce veramente la Cooperativa Lister
Pino Rosati credeva in uno spazio aperto, in cui chiunque potesse trovare condivisione e inclusione sociale – dalle categorie più svantaggiate come i migranti o chi faticava a inserirsi nel mondo del lavoro, è così facendo si rafforza ancora di più la collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale e la Cooperativa Lavoratori Uniti “Franco Basaglia”.
I materiali
I materiali sono sempre stati tra i più variegati e sperimentali, ma soprattutto colorati. Ogni socio-lavoratore, borsista, volontario e tirocinante indossa un’uniforme differente, un pezzo unico, in modo da essere tutti uguali e tutti diversi allo stesso tempo, è stato proprio Pino ad affermare “Abbiamo scelto l’uniforme come elemento comune: manufatti che hanno segnato alcuni luoghi di Trieste come la Risiera di San Sabba a Valmaura; riconvertiamo un’idea omologante per valorizzare la differenza”.
La cura delle persone e il rispetto per l’ambiente
I punti saldi di Lister sono sempre stati la cura delle persone e il rispetto dell’ambiente, e proprio da questi valori che inizia il processo creativo della sartoria – si parte dalla differenziazione dei materiali di scarto, per poi seguire un progetto che porta ad un’economia circolare a km zero, dato che sono gli stessi cittadini a fornire le materie prime.
L’intuizione
Vivendo a Trieste, con la Bora che imperversa, c’è un oggetto in particolare che si ritrova ad avere vita breve, stiamo parlando dell‘ombrello, niente da fare, potete avere quanti ombrelli anti vento volete, ma qui saranno inutili, e qualsiasi triestino lo sa bene, ovviamente a sue spese. Cosa fare dunque di tutti questi ombrelli allo scatafascio? Nella maggioranza dei casi vengono buttati, però Pino Rosati aveva trovato una risposta alternativa, creando il progetto
“Ombrelle rosse, storie portate via dal vento”.
Questo particolare progetto, oltra a sensibilizzare i cittadini sull’importanza della raccolta differenziata, si pone l’obiettivo di proporre, attraverso gli ombrelli rotti di colore rosso – simbolo internazionale delle sex worker – nuove narrazioni su questo tema delicato, e che ha ancora bisogno di essere sdoganato.
“Ci sono memorie e vissuti da risvegliare o da far immaginare: le persone dovrebbero maturare questa consapevolezza”
Pino Rosati